Assegno sociale e soggiorno in Italia, le precisazioni dell’INPS

L’INPS si sofferma sul requisito del soggiorno legale e continuativo nel territorio italiano del richiedente la prestazione di assegno sociale con alcuni chiarimenti (INPS, messaggio 3 aprile 2023, n. 1268).

Il D.L. n. 112/2008, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 133/2008, ha introdotto, ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno sociale, a decorrere dal 1° gennaio 2009, l’ulteriore requisito del soggiorno legale e continuativo nel territorio italiano del richiedente per almeno 10 anni.

 

Ciò premesso, con il messaggio in oggetto, l’INPS fornisce alcune precisazioni riguardo al suddetto requisito, anche a parziale rettifica di quanto in precedenza affermato sull’argomento e alla luce del mutato criterio per il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

 

L’assegno sociale in argomento spetta al ricorrere dei seguenti requisiti anagrafici:

 

a) età anagrafica (attualmente 67 anni);

 

b) cittadinanza italiana, della Repubblica di San Marino, comunitaria, di uno Stato appartenente allo Spazio Economico Europeo o Svizzera. Sono equiparati ai cittadini italiani i soggetti titolari dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria o di permesso di soggiorno di lungo periodo;

 

c) soggiorno legale continuativo nel territorio nazionale per 10 anni antecedenti alla domanda;

 

d) residenza in Italia, che deve sussistere al momento della domanda ai fini della concessione della provvidenza economica e deve permanere successivamente ai fini del mantenimento della prestazione.

Il requisito del soggiorno continuativo per almeno 10 anni, di cui alla menzionata lettera c), costituisce un requisito anagrafico autonomo rispetto a quello di cui alla lettera b), rispetto al quale si pone come ulteriore e non alternativo.

 

Richiamando i chiarimenti già contenuti nella circolare n. 131/2022, l’Istituto ricorda che la maturazione del periodo decennale deve ritenersi interrotta in caso di assenza dal territorio dello Stato italiano per un periodo uguale o superiore a 6 mesi consecutivi o per 10 mesi complessivi in un quinquennio, con eccezioni a tale interruzione per gravi e comprovati motivi.

 

Il permesso di soggiorno di lungo periodo di cui alla citata lettera b), può essere richiesto dallo straniero che sia in possesso, da almeno 5 anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità (articolo 9, comma 6, del D.Lgs. n. 286/1998).

 

Pertanto, rettificando quanto detto nel paragrafo 2.2 della citata circolare n. 131/2022, l’INPS precisa che, qualora sussista continuità delle date di rilascio di 2 permessi di soggiorno di lungo periodo, il requisito del soggiorno legale e continuativo di 10 anni non deve ritenersi automaticamente soddisfatto, essendo comunque necessaria l’ulteriore verifica, da parte della struttura territoriale INPS competente, dell’effettivo soggiorno continuativo decennale nel territorio dello Stato italiano.

 

A tale conclusione l’Istituto perviene anche in considerazione dell’orientamento giurisprudenziale, consolidato da diverse pronunce della Corte di Cassazione, secondo cui vi è una differenza sostanziale tra il titolo di legittimazione a essere cittadino o equiparato, che è dato da una concessione amministrativa, regolata da norme di pubblica sicurezza, e il requisito anagrafico del soggiorno continuativo che è, invece, dato fattuale regolato dal codice civile.

CCNL Riscossione Tributi: siglato il Protocollo per il superamento delle misure di contrasto al Covid 19

Confermate fino al 30 aprile 2023 le misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da Covid -19

Il 28 marzo 2023 è stato sottoscritto tra Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uila e Unisin il Verbale di Accordo del Protocollo per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da Covid 19, in considerazione della cessazione dello stato di emergenza. 
Innanzitutto, viene confermata sino al 30 aprile 2023 l’efficacia delle misure di contrasto contenute nel “Protocollo per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da Covid 19 in considerazione della cessazione dello stato di emergenza” del 21 giugno 2022.
Per quanto riguarda i lavoratori affetti da patologie individuate dal Decreto del Ministero della Salute 4 febbraio 2022 e i lavoratori disabili destinati diretti della situazione di gravità ai sensi dell’art.3 co. 3 della Legge 104/92 potranno continuare a svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile sino al 30 giugno 2023.
E’ raccomandato, inoltre, l’utilizzo delle mascherine FFP2 anche successivamente al 30 aprile 2023.
Si continua a far riferimento al Protocollo del 21 giugno 2022 anche per quanto riguarda gli “Orari e flessibilità” e “Pausa Pranzo”.

CCNL Coni: prorogato l’accordo sul lavoro agile

Prorogate al 30 giugno 2023 le disposizioni in tema di lavoro agile

Il 27 marzo 2023 i rappresentanti della Sport e Salute, delle Federazioni Sportive Nazionali e le OO.SS. firmatarie (Fp-Cgil, Fp-Cisl, Uil-Pa, Fp-Ugl, Fialp-Cisal) del CCNL del personale non dirigente 26 gennaio 2022 hanno definito un’ulteriore proroga dell’accordo sindacale sottoscritto l’11 maggio 2022 sul lavoro agile, già prorogato al 31 marzo 2023 dall’accordo sottoscritto il 16 dicembre 2022.
Nel richiamare l’accordo del maggio scorso si ricorda che l’individuazione delle attività per le quali è possibile eseguire la prestazione in modalità agile è effettuata dal datore di lavoro, attraverso apposite ricognizioni dirette a verificare la natura e le caratteristiche dei processi di lavoro, il loro grado di digitalizzazione, le competenze del personale necessarie, le esigenze di tutela della sicurezza delle informazioni e dei dati e la valutabilità dei risultati conseguiti.
La prestazione in modalità agile può essere resa, di norma, fino ad un massimo di 8 giornate al mese, che se non utilizzate non possono essere recuperate nei mesi successivi. La pianificazione delle giornate è concordata tra le parti tenendo conto delle esigenze lavorative e organizzative, garantendo l’alternanza con il lavoro in presenza, anche fra più addetti alle medesime attività o progetti che fossero impegnati in forma agile.
La collocazione della prestazione, che deve rispettare i limiti della durata massima dell’orario giornaliero e settimanale e non è riconducibile all’articolazione giornaliera dell’orario di lavoro osservato per le attività svolte presso la sede aziendale, è individuata dal dipendente, nel rispetto delle direttive impartite e delle attività assegnate e ferma restando la garanzia di un’efficace interazione con la struttura di appartenenza e di un efficace svolgimento della prestazione. A tal fine l’accordo individuale deve definire la fascia di contattabilità durante l’arco della giornata di lavoro agile, non superiore all’orario osservato per il lavoro in presenza, e la fascia di inoperatività, nella quale il lavoratore non può erogare la prestazione.
Al fine di assicurare la tutela della salute e quale periodo di inoperatività, l’individuazione dell’ambito temporale di collocazione della prestazione da parte del dipendente non può riguardare la fascia oraria antecedente alle ore 7.00 e successiva alle ore 21.00, fatte salve circostanze eccezionali per le quali non sia possibile ritardare la prestazione senza arrecare pregiudizio all’organizzazione o a terzi. Al fine di garantire quanto previsto dall’art. 7, D.Lgs. 66/2003, il dipendente integra detto periodo osservando il rispetto delle 11 ore consecutive di riposo ogni 24 ore. La fascia di contattabilità viene definita nell’accordo individuale e non può ricomprendere l’orario tra le 12.45 e le 14.30, o orario di analoga durata diversamente fissato tra le parti. Negli orari diversi da quelli compresi nella fascia di contattabilità, il dipendente può astenersi dal contattare i colleghi, dal rispondere a e-mail, telefonate e messaggi, ad accedere o connettersi al sistema informativo aziendale senza conseguenze di natura disciplinare o retributiva.