L’operatore UE in regime di piccole imprese esclude l’acquisto intracomunitario

Gli acquisti di beni effettuati da un soggetto Iva italiano in regime forfettario presso un operatore di un altro Stato membro sottoposto al regime delle piccole imprese non si considerano acquisti intracomunitari, in quanto si tratta di operazioni rilevanti ai fini Iva nello Stato membro di origine (Agenzia Entrate – risposta 23 agosto 2022 n. 431).

Ai sensi dell’art. 38, co. 5, lett. d), D.L. n. 331/1993, conv. dalla L. n. 427/1993 “non costituiscono acquisti intracomunitari:… d) gli acquisti di beni se il cedente beneficia nel proprio Stato membro dell’esonero disposto per le piccole imprese”.
Il regime speciale delle piccole imprese, concesso dalla Direttiva 2006/112 agli Stati membri entro determinate soglie di esonero, prevede modalità semplificate di imposizione e riscossione dell’imposta per le operazioni attive da esse effettuate. Pertanto, non sono considerate cessioni intracomunitarie le cessioni di beni da esse effettuate nei confronti di altri operatori stabiliti in altro Stato membro.
Allo stesso modo, ai sensi del comma 5, lettera d), del citato art. 38, non sono considerati acquisti intracomunitari le operazioni riguardanti i beni acquistati da qualsiasi operatore italiano, qualora il proprio cedente benefici nel suo paese di tale regime.
Come chiarito dalla circolare n. 26/E del 21 giugno 2010, nel caso di un soggetto passivo d’imposta italiano che effettua acquisti di beni presso un operatore di altro Stato membro sottoposto al regime delle piccole imprese, il soggetto passivo italiano non effettua l’acquisto intracomunitario, in quanto si deve supporre che trattasi di operazione rilevante ai fini IVA nello Stato membro di origine.

Rimborso Iva e cessione d’azienda: chiarimenti dal Fisco

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta 24 agosto 2022, n. 432 ha fornito chiarimenti sul soggetto legittimato a presentare la richiesta di rimborso Iva in ipotesi di cessione d’azienda.

La cessione di un ramo d’azienda è un’operazione straordinaria nella quale si determina una situazione di continuità tra i contribuenti interessati.
Al riguardo, l’art. 16, co. 11, lett. a), L. n. 537/1993, prevista per le operazioni di scissione ed applicabile anche per le cessione di ramo d’azienda secondo quanto chiarito dal Fisco, stabilisce che gli obblighi e i diritti derivanti dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, relativi alle operazioni realizzate tramite le aziende o i complessi aziendali trasferiti, sono assunti dalle società beneficiarie del trasferimento.
Ne consegue che, nelle ipotesi di cessione d’azienda o di uno o più rami aziendali, che abbiano comportato l’estinzione del soggetto dante causa, il cessionario deve assolvere tutti gli adempimenti, agli effetti dell’IVA, successivi alla data di cessione.

Con tale successione, il cedente può presentare la domanda di rimborso dell’IVA non dovuta, accertata definitivamente, entro due anni dalla restituzione, in via civilistica, al cessionario e/o committente. In particolare, per motivi di cautela fiscale e per evitare un indebito arricchimento del cedente/prestatore, il rimborso dell’IVA indebitamente versata è strettamente collegato alla restituzione al cessionario/committente di quanto erroneamente addebitato ed incassato a titolo di rivalsa. I due anni entro i quali presentare la richiesta di rimborso dell’IVA non dovuta decorrono, infatti, dal momento in cui avviene la restituzione al cessionario/committente della medesima somma da lui versata per effetto di

accertamento definitivo.

Servizi sostitutivi di mensa aziendale e app come mezzo di pagamento

L’Agenzia delle Entrate con la risposta 22 agosto 2022 n. 430 ha fornito chiarimenti sull’individuazione della corretta aliquota IVA da applicare al servizio sostitutivo di mensa aziendale fornito per il tramite di un App e dei Ristoranti affiliati a tale circuito.

A riguardo, come più volte chiarito in diversi documenti di prassi, per verificare se una somministrazione di alimenti e bevande ai dipendenti sia riconducibile alla categoria dei servizi sostitutivi di mensa aziendale piuttosto che alle altre tipologie in cui può essere resa (ad esempio, ticket restaurant o mensa diffusa) occorre aver riguardo non solo alle modalità attraverso le quali la prestazione viene resa, ma anche alla presenza di eventuali convenzioni tra i partecipanti al contratto di somministrazione di alimenti e bevande.

Nel caso di specie, l’App incorpora un credito, utilizzato dal dipendente per pagare la consumazione presso il ristorante convenzionato, nel giorno e ora, preferiti, nei limiti ovviamente del credito precostituito dal datore di lavoro.

L’App funge da strumento di pagamento e non dà alcun diritto autonomo ad ottenere la somministrazione di alimenti o bevande.

La suddetta fattispecie non può essere quindi ricondotta l’operazione nell’ambito delle discipline della mensa diffusa e dei servizi sostitutivi di mensa aziendale, non sussistano i presupposti per l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata al 4% prevista dal n. 37) della Tabella A, parte II, del Decreto IVA, bensì quelli per l’applicazione dell’aliquota IVA del 10% di cui al n. 121) della Parte III della medesima Tabella.

I ristoranti quindi fattureranno alla Società le consumazioni dei Collaboratori applicando l’aliquota IVA del 10%.