Fusione per incorporazione: l’incorporante può continuare a partecipare alla liquidazione IVA di gruppo

Nell’ambito di una fusione per incorporazione, l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito alla possibilità per la società controllata di continuare a partecipare alla liquidazione IVA di gruppo facente capo alla società controllante a decorrere dalla data di efficacia dell’atto di fusione (Agenzia delle entrate, risposta  9 ottobre 2023 n. 445).

La procedura di liquidazione dell’IVA di gruppo, disciplinata dall’articolo 73, ultimo comma, del Decreto IVA e dal Decreto ministeriale 13 dicembre 1979, ­consente alle società legate da rapporti di controllo e in possesso di specifici requisiti, di procedere alla liquidazione periodica dell’IVA in maniera unitaria, mediante compensazione dei debiti e dei crediti risultanti dalle liquidazioni di tutte le società partecipanti e da queste trasferite al gruppo. Di conseguenza, i versamenti periodici (mensili o trimestrali), nonché il conguaglio di fine anno, vengono effettuati dalla società controllante che determina l’imposta da versare o il credito del gruppo.

Tale sistema è volto ad agevolare, da un punto di vista finanziario, i gruppi societari che riescono a compensare le situazioni creditorie in capo ad alcune società con quelle debitorie di altre.

 

L’Agenzia delle entrate chiarisce che si considera controllata la società le cui azioni o quote sono possedute per oltre la metà dall’altra, almeno dal 1 luglio dell’anno solare precedente a quello di esercizio dell’opzione, ai sensi del comma 3 del citato articolo 73; mentre, ai sensi dell’articolo 2 del D.M. del 1979, ­si considerano controllate soltanto le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice le cui azioni o quote sono possedute per una percentuale superiore al 50% del loro capitale, almeno dal 1 luglio dell’anno solare precedente, dall’ente o società controllante o da un’altra società controllata da questi.

Sono, pertanto, da ritenersi escluse dalla disciplina le società che solo occasionalmente e temporaneamente siano tra loro vincolate.

 

Tutto ciò premesso, nel caso di specie, la società controllante chiede se la controllata possa continuare a partecipare alla procedura della liquidazione IVA di gruppo, senza soluzione di continuità, nonostante abbia incorporato ­mediante atto di fusione società esterne alla suddetta procedura, di cui l’istante detiene il controllo (diretto e indiretto) da meno di un anno.

In merito, l’Agenzia osserva che i soggetti che partecipano per la prima volta alla liquidazione IVA di gruppo non possono far confluire nei calcoli compensativi della procedura in parola la loro eccedenza di credito derivante dal periodo d’imposta precedente, con la conseguenza che detta eccedenza resta definitivamente nella disponibilità del soggetto in capo al quale si è formata.

 

Come già chiarito con la risoluzione n. 92/E/2010, nel caso di incorporazione di una società esterna alla procedura di liquidazione IVA gruppo da parte di una società che invece vi partecipa ­in forza del principio generale secondo cui l’incorporante subentra a titolo universale nell’intero patrimonio dell’incorporata, l’Agenzia ritiene che il credito maturato dall’incorporata nell’anno solare antecedente l’incorporazione non possa mai confluire nell’IVA di gruppo, potendo unicamente essere utilizzato in compensazione orizzontale dall’incorporante, ovvero essere chiesto a rimborso al verificarsi dei presupposti.

Analogamente, non può confluire nell’IVA di gruppo il credito maturato dall’incorporata nel corso dell’anno in cui è avvenuta la fusione per incorporazione.

La società incorporante può far confluire nella propria liquidazione ­ e, quindi, trasferire al gruppo­ solo il debito o il credito derivante dalle operazioni compiute dall’incorporata nel mese o trimestre in corso alla data in cui ha effetto l’incorporazione, perché, non essendosi ancora conclusa la liquidazione periodica, le medesime operazioni devono essere considerate come compiute, ai fini IVA, direttamente dall’incorporante.

Il debito o il credito va, quindi, indicato nel modulo dell’incorporante e trasferito all’IVA di gruppo.

 

Ad avviso delle Entrate, dunque, la società incorporante può continuare a partecipare alla procedura della liquidazione IVA di gruppo, senza soluzione di continuità, non essendo l’operazione motivo di interruzione e può far confluire nella propria liquidazione periodica ­solo il debito o il credito derivante dalle operazioni compiute dalle incorporate nel mese in corso alla data in cui ha effetto ai fini IVA l’incorporazione.

Restano, invece, esclusi dalla procedura gli eventuali crediti IVA maturati fino al mese/trimestre antecedente la data dell’incorporazione delle due società.

Attestazione operatività del sistema di comunicazione di dati e informazioni sulla titolarità effettiva

Sulla Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre 2023, n. 236, è stato pubblicato il Decreto del Ministero delle imprese e del made in Italy 29 settembre 2023 che attesta l’operatività del sistema di comunicazione dei dati e delle informazioni sulla titolarità effettiva di imprese dotate di personalità giuridica, di persone giuridiche private, di trust produttivi di effetti giuridici rilevanti ai fini fiscali e di istituti giuridici affini al trust.

Ai sensi dell’art. 3, comma 6, del Decreto 11 marzo 2022, n. 55, del Ministero dell’economia e delle finanze che stabilisce le disposizioni in tema di comunicazione, accesso, e consultazione dei dati e delle informazioni relative alla titolarità effettiva di imprese, trust e istituti giuridici affini, il MIMIT con il Decreto 29 settembre 2023 ha attestato l’operatività del sistema di comunicazione dei dati e delle informazioni sulla titolarità effettiva.

 

In particolare il Decreto MIMIT prevede che dal 9 ottobre 2023, data di pubblicazione in Gazzetta, decorre il termine perentorio di 60 giorni per effettuare le comunicazioni dei dati e delle informazioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 3 del decreto n. 55 del 2022.

Il Regolamento MEF, infatti, stabilisce che entro tale data:

  • gli amministratori delle imprese dotate di personalità giuridica e il fondatore, se in vita, oppure i soggetti cui è attribuita la rappresentanza e l’amministrazione delle persone giuridiche private comunicano all’ufficio del registro delle imprese della Camera di commercio territorialmente competente i dati e le informazioni relativi alla titolarità effettiva, acquisiti ai sensi dell’articolo 22, commi 3 e 4, del Decreto antiriciclaggio, per la loro iscrizione e conservazione nella sezione autonoma del registro delle imprese;

  • il fiduciario di trust o di istituti giuridici affini comunica all’ufficio del registro delle imprese della Camera di commercio territorialmente competente i dati e le informazioni relativi alla titolarità effettiva, acquisiti ai sensi dell’articolo 22, comma 5, del decreto antiriciclaggio per la loro iscrizione e conservazione nella sezione speciale del registro delle imprese.

I dati e le informazioni sulla titolarità effettiva sono resi mediante autodichiarazione, ai sensi degli articoli 46 e 47 del TUDA, utilizzando il modello di comunicazione unica di impresa adottato con Decreto dirigenziale del Ministero dello sviluppo economico del 19 novembre 2009.

 

Dunque, ai sensi dell’art 4 del Decreto n. 55/2022, la comunicazione deve contenere:

a) i dati identificativi e la cittadinanza delle persone fisiche indicate come titolare effettivo ai sensi dell’articolo 20, commi 2, 3 e 5, del decreto antiriciclaggio per le imprese dotate di personalità giuridica, dell’articolo 20, comma 4, del decreto antiriciclaggio per le persone giuridiche private, dell’articolo 22, comma 5, decreto antiriciclaggio per i trust o istituti affini;

b) in aggiunta a quanto previsto dalla lettera a), per le imprese dotate di personalità giuridica:

  • l’entità della partecipazione al capitale dell’ente da parte della persona fisica indicata come titolare effettivo, ai sensi dell’articolo 20, comma 2, del decreto antiriciclaggio;

  • se il titolare effettivo non viene individuato, le modalità di esercizio del controllo ovvero, in ultima istanza, i poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione dell’ente, esercitati dalla persona fisica indicata come titolare effettivo, ai sensi dell’articolo 20, commi 3 e 5, del decreto antiriciclaggio;

c) in aggiunta a quanto previsto dalla lettera a), per le persone giuridiche private, il codice fiscale e, anche nel caso di eventuali successive variazioni:

  • la denominazione dell’ente;

  • la sede legale e, ove diversa da quella legale, la sede amministrativa dell’ente;

  • l’indirizzo di posta elettronica certificata;

d) relativamente ai trust e agli istituti giuridici affini, il codice fiscale e, anche nel caso di eventuali successive variazioni:

  • la denominazione del trust o dell’istituto giuridico affine;

  • la data, il luogo e gli estremi dell’atto di costituzione del trust o dell’istituto giuridico;

e) l’eventuale indicazione delle circostanze eccezionali, ai fini dell’esclusione dell’accesso alle informazioni sulla titolarità effettiva, ai sensi dell’articolo 21, comma 2, lettera f), secondo periodo, e comma 4, lettera d-bis), terzo periodo, del decreto antiriciclaggio, nonché l’indicazione di un indirizzo di posta elettronica per ricevere le comunicazioni di cui all’articolo 7, comma 3, nella qualità di controinteressato;

f) la dichiarazione di responsabilità e consapevolezza in ordine alle sanzioni previste dalla legislazione penale e dalle leggi speciali in materia di falsità degli atti e delle dichiarazioni rese.

 

Le autorità di cui all’articolo 21 del decreto antiriciclaggio e i soggetti obbligati, di cui all’articolo 3 dello stesso decreto, accedono ai dati e alle informazioni sulla titolarità effettiva presenti nella sezione autonoma e nella sezione speciale del registro delle imprese.

Tali dati e informazioni sono accessibili anche al pubblico a richiesta e senza limitazioni, salvo che nella comunicazione di cui all’articolo 4 risulti l’indicazione di cui al comma 1, lettera e), dello stesso articolo.

Contratti pubblici: non dovuta un’ulteriore imposta di bollo rispetto a quella della stipula

L’Agenzia delle entrate, nell’ambito dei contratti pubblici, ha chiarito che in relazione alla fase di registrazione non sia dovuta ulteriore imposta di bollo rispetto a quella da assolvere al momento della stipula del contratto (Agenzia delle entrate, risposta 9 ottobre 2023, n. 446).

L’imposta di bollo è disciplinata dal D.P.R. n. 642/1972, il quale ha disposto che sono soggetti all’imposta gli atti, i documenti e i registri indicati nell’annessa tariffa.

Ai sensi dell’articolo 1bis, tale imposta va applicata fin dall’origine agli atti rogati, ricevuti o autenticati da notai o da altri pubblici ufficiali sottoposti a registrazione con procedure telematiche e loro copie conformi per uso registrazione.

 

L’articolo 18, comma 10 del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (recante il ”Codice dei contratti pubblici”), ha apportato modifiche in relazione all’imposta di bollo che l’appaltatore è tenuto a corrispondere al momento della stipula di un contratto.

In particolare, con la tabella di cui all’allegato I.4 del suddetto Decreto è stato individuato il valore dell’imposta di bollo che l’appaltatore è tenuto a versare al momento della stipula del contratto ed è stato stabilito che l’imposta venga individuata sulla base di scaglioni crescenti in relazione all’importo massimo previsto nel contratto, esentando gli affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro.

 

Ciò premesso, l’Agenzia ha chiarito che le nuove disposizioni trovano applicazione solo con riferimento ai procedimenti avviati a far data dal 1 luglio 2023 e che il pagamento assolto alla stipula del contratto dall’aggiudicatario ha natura di imposta di bollo dovuta sugli atti riguardanti l’intera procedura, in sostituzione dell’imposta di bollo dovuta in forza del D.P.R. n. 642/972.

 

Il versamento deve avvenire in modalità telematica, utilizzando il modello F24 Versamenti con elementi identificativi (F24 ELIDE).

Nello specifico, i codici tributo per eseguire tale versamento al momento della stipula del contratto sono:

  • ”1573” denominato ”Imposta di bollo sui contratti ­articolo 18, comma 10, D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36”;

  • ”1574” denominato ”Imposta di bollo sui contratti ­SANZIONE ­articolo 18, comma 10, D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36”;

  • ­”1575” denominato ”Imposta di bollo sui contratti INTERESSI ­articolo 18, comma 10, D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36”.

Nel caso in cui il contratto sia stato rogato o autenticato da un notaio o altro pubblico ufficiale e venga registrato con la procedura telematica, la suddetta imposta deve essere versata con le modalità telematiche previste dalla richiamata procedura, unitamente agli altri tributi dovuti, nella nuova misura stabilita dal Codice dei contratti pubblici.

Non è ammesso, invece, il versamento dell’imposta di bollo con modalità virtuale.

 

Pertanto, in risposta al dubbio sollevando dall’istante, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che in relazione alla fase di registrazione non sia dovuta ulteriore imposta di bollo rispetto a quella da assolvere al momento della stipula del contratto.